Il blog della prima Community dei "Milleuristi & (S)Contenti"

07 settembre 2009

Alla fine decidiamo noi

«Forse non ci abbiamo mai pensato a sufficienza, ma siamo precari in tutte le fasi della vita,
compresa quella finale
».
Così scriveva lo scorso anno il nostro amico Nicola Martinelli nel suo Precari Fino Alla Fine, uno dei tanti articoli e racconti dei lettori scaricabili gratuitamente dalla sezione Download del sito di Generazione Mille Euro. Il tema, come suggerisce il titolo, affronta la precarietà da una prospettiva insolita ma non per questo meno attuale: quella della "frontiera della vita" e del testamento biologico, documento quantomai discusso - soprattutto negli ultimi mesi, alla luce dei casi di Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro - impugnabile nel caso in cui una persona si trovi in condizioni di incapacità di intendere e di volere affinché si disponga di lei secondo le sue precise intenzioni.

Oggi quell'articolo è diventato un libro vero e proprio, dal titolo Alla Fine Decido Io. Un libro che «vuole indicare un percorso affinché ciascuno si prenda la vita nelle proprie mani e venga riconosciuto ad ogni cittadino il diritto di vivere e morire alla luce delle sue convinzioni civili, religiose, etiche, delle sue idee sul perché la vita abbia valore e dove risieda quel valore», e che proprio per questo non impone un punto di vista assoluto ma documenta tutti quelli possibili, soprattutto in relazione ai dettami delle principali dottrine religiose e ai riferimenti normativi in essere e in discussione.
Ci fa piacere, insomma, pensare di avere portato - nel nostro piccolo - un po' di fortuna a Nicola, e auguriamo al suo libro di averne ancora di più da questo momento in avanti, affinché venga fatta quanta più informazione e sensibilizzazione possibile su un argomento che, forse, chi non vive direttamente vede lontanissimo da sé ma che, proprio come la precarietà sul posto di lavoro, non risparmia nessuno e potrebbe interessare chiunque da un momento all'altro.

Alessio

01 settembre 2009

C'è chi sta peggio

...E noi a esaltare l'AmmmèriGa della meritocrazia, della flessibilità, delle opportunità fai-da-te e del "grande sogno a stelle e strisce"! Ma per favore...
Non è decisamente tutto oro quello che luccica (e già da qualche anno, peraltro, luccica un po' meno). Un post pubblicato proprio oggi sul blog di Campus denuncia - la fonte è il New York Times - che negli Stati Uniti gli stage non sono gratuiti o malretribuiti come da noi, ma addirittura si pagano. E piuttosto profumatamente: dai 6 ai 9mila dollari per un mese. Dov'è il vantaggio, allora? Che si tratta spesso di aziende quotate il cui peso sul CV può rivelarsi effettivamente determinante per il prosieguo della propria carriera.

Da un certo punto di vista, viene da pensare, si tratta di una sorta di "corsia preferenziale" per agganciare società di rilievo con la certezza di avere comunque una chance da giocarsi.
Dall'altra, inevitabilmente, sancisce che - come spesso accade in Italia - è il portafoglio dei genitori a decretare il merito dei figli, alimentando la forbice della disparità e dell'elitarietà.
Per fortuna, nel nostro Paese, l'idea è ancora inedita (e lontana anni luce, mi auguro). Ci sono, è vero, aziende che schiavizzano gli stagisti impiegandoli gratuitamente con gli stessi carichi di lavoro dei dipendenti, ma ce ne sono anche altre che invece offrono opportunità e stipendi ragguardevoli. Come sempre, il consiglio è di tenere d'occhio La Repubblica Degli Stagisti per avere sempre il polso della situazione.

Rossella