Il blog della prima Community dei "Milleuristi & (S)Contenti"

28 febbraio 2010

Siamo uomini o controfigure?

Fa sempre piacere, nell'infeltrita apatia (leggi: reiterato menefreghismo - qualora non pervicace strumentalizzazione -) delle Istituzioni nei confronti delle problematiche connesse al mondo del Lavoro, sapere che ci sono ancora voci che non si rassegnano all'ineluttabilità degli eventi e/o a mettere la testa sotto la sabbia.
Una di queste è Benedetta Cosmi, autrice del libro Non Siamo Figli Contro-Figure, che si unisce a quante non ci stanno a vivere in «un'Italia con la pensione alta e la pressione bassa» rivendicando l'infondatezza delle accuse contro "Bamboccioni" & company:

Io credo che più che squattrinati i nostri trentenni siano depotenziati, disarmati di efficacia, impotenti anziché in potenza.
Sono poveri di posizioni ricoperte, di incarichi svolti, di progetti
gestiti, non dico coordinati che è cosa diversa. Io credo non esistano
più i Baroni. Ma sono aumentati i “nessuno immischiati col niente”. E paradossalmente la posizione man mano che ci si allontana dallo status di studente tende a precipitare in tale direzione, perché la rivoluzione copernicana ha portato finalmente questi al centro dell’Università, ma
una volta scattata la laurea inizia la periferia. Quale sarebbe la faccia degli esaminatori se ad un concorso per docente di seconda fascia si presentasse un mio coetaneo? Eppure se l’Università è il primo datore di lavoro che li snobba come può pretendere che la fiducia gliela diano le altre aziende?


Viviamo nel mito della "Bit Generation" - quella delle tre M: Metro, Master e Messenger - ma siamo schiavi di quella del "Beat", che occupa indisturbata da quattro decenni tutti i posti dirigenziali più importanti della vita pubblica e si guarda bene dal liberarne anche soltanto qualcuno. E tanto più grave questo si percepisce nelle scuole (Superiori e Università, indistintamente), che dovrebbero essere l'epicentro del rinnovamento e il lasciapassare verso la meritocrazia e invece si riducono a ricoprire il ruolo di parcheggi di lusso, dove il disorientamento prevale sull'orientamento.

Come Benedetta, chiunque abbia voglia e argomenti da sostenere per tenere alta l'attenzione - e soprattutto il livello di allarme - sui problemi autentici che colpiscono noi e i nostri coetanei non si lasci risucchiare dalla rassegnazione, ormai sempre più diffusa, che «tanto non serve a niente»: il solo pensarlo significa agevolare ulteriormente il compito a chi da anni non aspetta altro che di trasformarci in contofigure.

Alessio